Say “Yes” – Accogli ciò che arriva

Con questo numero di Passaparola iniziamo un percorso di articoli di approfondimento che richiamano le 13 lezioni di “Improv Wisdom”: è il testo sull’applicazione dell’improvvisazione nella vita scritto da Patricia Ryan Madson, docente alla Stanford University, esperta di improvvisazione teatrale e consulente aziendale, che rappresenta uno dei punti di riferimento della bibliografia di Singfulness.

Oggi vi proponiamo una riflessione sul primo consiglio: “Say yes”, ovvero…accettazione!

“Non c’è motivo di continuare ad aspettare che la vita cominci. Il gioco dell’attesa può finire. Adesso. Come un leone rinchiuso in una gabbia di carta, gli esseri umani sono generalmente intrappolati dalle illusioni della loro mente. Ma nonostante le apparenze, la gabbia non rappresenta di fatto una barriera in grado di tenere imprigionato lo spirito umano.” (Steven C. Hayes)

Spesso, tentando di liberarci del nostro dolore, arriviamo solamente ad amplificarlo. Accettare significa prendere consapevolezza che un certo obiettivo è diventato definitivamente irraggiungibile: grazie all’accettazione riusciamo a non sprecare risorse e tempo che possono essere diversamente ottimizzati a nostro beneficio. Rabbia, tristezza e ansia sono le emozioni compagne delle frustrazioni, ma non sempre sono negative: riconoscendole, possiamo renderle funzionali ad andare oltre e riorientarsi, ristrutturando il modo di guardare la propria esperienza di vita.

Mindfulness, ovvero lo sguardo al qui ed ora. Accettazione, ovvero abbandonare i tentativi di soluzioni inutili e accogliere quel che offre la vita. Impegno, ovvero entrare nella propria vita intraprendendo azioni impegnate in direzione dei propri valori. Sono questi i tre pilastri dell’Acceptance and Committment Therapy (ACT), su cui vi proponiamo un interessante approfondimento nell’articolo di State of Mind https://www.stateofmind.it/2012/11/act-2/.

E noi non possiamo che unirci a questa visione, aggiungendo un elemento: fare training di accettazione con Singfulness è un ottimo supporto a sviluppare la nostra capacità di dire “sì” a quel che la vita ci propone e a rifocalizzare di conseguenza le nostre energie.

BG

 

 

 

 

 

Le note tra le righe

Quasi pronti per le vacanze? Immaginando i nostri 25 lettori intenti a preparare i bagagli in vista del meritato riposo estivo, abbiamo pensato di proporre qualche piccolo consiglio di lettura. Che siate sotto un ombrellone in riva al mare o al fresco di una pineta tra i monti o anche solo sul balcone di casa, un libro è un compagno insostituibile. Naturalmente, non potevamo fare a meno di preparare una “compilation” (o, come si direbbe oggi, una playlist) di romanzi nei quali la protagonista è la musica.

La relazione tra musica e letteratura è strettissima fin dalle origini; se pensiamo all’etimologia stessa della parola, possiamo ricordare che gli antichi Greci con la parola mousiké intendevano l’insieme delle tre arti ispirate dalle muse – poesia, musica e danza –, e non esisteva strumento ritenuto più efficace e sublime della mousiké per l’educazione dell’uomo. Il rapporto tra musica e parole, tra musica e narrazione, si è creato molto anticamente nella storia della civiltà e in modalità del tutto naturali: le narrazioni epiche di tutte le tradizioni – sia colte che popolari – vedono infatti attuarsi nel canto la connessione spontanea di parole e musica. Pur servendosi di canali diversi per entrare in sintonia con il fruitore, musica e letteratura hanno la capacità di trasmettere, quando si rivolgono a uno spirito recettivo, un analogo sentire artistico. Diceva Goethe che “la musica comincia dove le parole finiscono”. O forse, più semplicemente, scrittura letteraria e sentire musicale, scrittura musicale e sentire letterario, sfumano l’una nell’altro, spesso in modo inconscio o non del tutto percettibile.

Il rapporto di reciproca ispirazione tra musica e letteratura è dunque una costante nella storia dell’espressione artistica, ma è innegabile che a partire dal XX secolo, grazie soprattutto alla nascita di generi musicali più popolari, si sia intensificato e vivacizzato. La tendenza degli scrittori a servirsi delle sette note per raccontare la propria epoca è divenuta sempre più frequente, specie nella narrativa. E dunque molti romanzi, da grandi classici del ‘900 fino a racconti contemporanei di giovani autori, sono pervasi dalla presenza della musica come personaggio, contesto ispiratore, leit motiv, anima stessa della narrazione.

Ecco allora 20 titoli che vi suggeriamo per la vostra estate: storie in cui la musica è passione, genio, desiderio, mania, sogno, salvezza o destino. Per rendervi la scelta più facile, li abbiamo organizzati per generi: così ciascuno potrà scegliere la propria musica preferita.

 

CLASSICA E DINTORNI

Thomas Mann, Doktor Faustus – Oscar Mondadori

Lev Tolstoj, La sonata a Kreutzer – Feltrinelli

Pascal Quignard, Tutte le mattine del mondo – Analogon

Tiziano Scarpa, Stabat Mater – Einaudi

Thomas Bernhard, Il soccombente – Adelphi

Abraham Yeoshua, La comparsa – Einaudi

 

ATMOSFERE ROCK – POP

Nick Hornby, Alta fedeltà – Guanda

Hanif Koureishi, Il buddha delle periferie – Leonardo

Salman Rushdie, La terra sotto i suoi piedi – Oscar Mondadori

Gianluca Morozzi, Chi non muore – Guanda

Ann Tyler, Una vita allo sbando – Guanda

Jonathan Coe, Questa notte mi ha aperto gli occhi – Feltrinelli

David Grossman, Qualcuno con cui correre – Oscar Mondadori

 

ARMONIE JAZZ E BLUES

Geoff Dyer, Natura morta con custodia di sax – Il Saggiatore

Haruki Murakami, Wada Makoto, Ritratti in jazz – Frontiere Einaudi

Alessandro Baricco, Novecento – Feltrinelli

Levi Henriksen, Norwegian Blues – Iperborea

Kazuo Ishiguro, Notturni: cinque storie di musica e crepuscolo – Einaudi

Toni Morrison, Jazz – Pickwick

Haruki Murakami, A sud del confine, a ovest del sole – Einaudi

 

Buone vacanze a tutti e buona lettura!

Barbara Gherra

La seconda tenda

Elke Van Hoof, psicologa clinica e docente dell’Università Vrijie di Bruxelles, in un articolo pubblicato lo scorso aprile sul sito del World Economic Forum (vi proponiamo qui la versione completa tradotta), definisce il lockdown il più grande esperimento psicologico di sempre”. Mai nella storia infatti un numero così ampio di persone (oltre 2 miliardi e 600 milioni sono quanti hanno subito periodi di quarantena) è stato sottoposto a tanti fattori di stress contemporanei: isolamento sociale, paura per la salute propria e dei propri cari, angoscia di morte, ansia per il futuro personale e professionale, disperazione per la sopravvivenza futura. Un quadro da emergenza mondiale, che è facile prevedere porterà con sé una diffusa “epidemia secondaria” di burnout psicologico.

L’autrice ricorda che negli anni ’90 in Francia si era per la prima volta sperimentato un nuovo approccio, oggi diventato prassi internazionale, per far fronte alle situazioni di emergenza collettiva, ad esempio catastrofi naturali, disastri aerei, attacchi terroristici: questo modello integra il triage medico, ovvero la “tenda di soccorso” per quanti sono stati feriti, con quello psicologico, una “seconda tenda” per il supporto alle ferite invisibili, quelle della mente. Di fronte al Covid-19 il mondo si è affrettato a predisporre la prima tenda, con il potenziamento delle terapie intensive, ospedali di emergenza, ricerche per vaccini e terapie, ma sta appena iniziando ad approntare la seconda. Il che significa non soltanto predisporre sportelli di ascolto – curati da psicoterapeuti e counsellor – accessibili e sostenibili, ma anche assicurarsi che le persone capiscano che una reazione psicologica è del tutto normale, educare le persone sull’impatto psicologico atteso e sulle reazioni al trauma, accertarsi infine che siano in atto interventi di auto-aiuto.

E su questo tema dell’autoconsapevolezza e del self-help psicologico, un altro interessante articolo del World Economic Forum illustra la strategia proposta dal NHS – il Sistema Sanitario Nazionale britannico: tra le 14 raccomandazioni per proteggere la propria salute mentale troviamo quelle di restare connessi con le persone care, offrire supporto agli altri, mantenere il corpo in movimento, tenere attiva la mente con attività pratiche e/o artistiche, regalarsi del tempo per fare ciò che si ama, restare focalizzati e vivere il momento presente. E quindi come non pensare al cantare e improvvisare insieme come terapia di auto-sostegno di gruppo per uscire dal trauma della pandemia? Speriamo di poter riallestire al più presto la nostra “seconda tenda” e di aprirla a tutti coloro che vorranno unirsi a noi.

 

BG